Con l’età media che continua ad aumentare in modo incessante, la questione dei costi per assumere colf e badanti diventa cruciale: facciamo chiarezza.
Assumere una persona che possa aiutarci con le faccende di casa o che si prenda cura di un nostro parente anziano o indigente è ormai una necessità per tante famiglie. I costi del lavoro però, nonostante i diversi incentivi e bonus stanziati all’occorrenza, possono essere realmente proibitivi e far si che questo diventi un problema di grande urgenza. Vediamo quindi nel dettaglio quanto costa assumere una colf o una badante e cosa cambia nel 2023.
Quando si prende in considerazione l’assunzione di un lavoratore domestico come una badante, è importante considerare che oltre allo stipendio, che aumenta con l’inflazione con l’età, ci sono altri costi da sostenere. tra questi non possiamo mai dimenticarci il Tfr, i contributi Inps e la tredicesima. Inoltre, rispetto all’assunzione di una badante convivente, l’assunzione di una badante non convivente è significativamente una scelta più onerosa.
Nel caso in cui la badante non funga da sostituto d’imposta, il datore di lavoro non è tenuto a versare i versamenti Irpef. È quindi in tal caso responsabilità del lavoratore o della lavoratrice pagare quanto dovuto all’erario quando presenta la dichiarazione dei redditi. A tal proposito, facciamo chiarezza su quanto costa assumere una badante nel 2023, ad esempio, in termini di stipendio e altri costi correlati, alla luce degli aggiornamenti relativi a stipendi e contributi.
Quando decidiamo di assumere un colf o una badante, ci sono da affrontare alcune spese. Oltre allo stipendio, che dovrà essere conforme al Ccnl del lavoro domestico, ci sono spese aggiuntive come i contributi per la previdenza Inps obbligatoria (da versare trimestralmente), la tredicesima mensilità, i giorni di ferie, 26 all’anno, le festività nazionali, i permessi pagati e il Tfr.
A queste spese fisse si aggiungono poi le spese di vitto e alloggio, indipendentemente dal fatto che la lavoratrice domestica (colf o badante) sia convivente a tempo pieno o a tempo parziale. Inoltre, la badante riceverà una retribuzione maggiorata del 60% se lavora anche nei giorni festivi. I costi aggiuntivi per un datore di lavoro che assume una badante in regola sono stimati essere pari a circa il 50% dello stipendio base previsto dal Ccnl di riferimento.
Dopodiché, è necessario prendere in considerazione gli scatti di anzianità che si verificano ogni due anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro: Il Ccnl stabilisce una maggiorazione del 4% della retribuzione minima in base al livello di inquadramento. Parlando della retribuzione, il datore di lavoro deve rispettare i minimi retributivi indicati nel contratto nazionale di categoria quando paga colf e badanti. Per questo motivo, la rivalutazione ha portato allo stipendio un aumento dell’11,5% nel 2023.
Per quanto invece riguarda i contributi dei lavoratori domestici sono calcolati in modo diverso da quelli degli altri tipi di dipendenti. Infatti, il calcolo avviene in modo convenzionale a seconda che i dipendenti, come colf e badanti, prestino la loro attività lavorativa per più di 24 ore settimanali o meno.
Per quanto riguarda le persone che lavorano a casa con un orario di lavoro di 24 ore o meno, il contributo orario dovuto alla retribuzione del dipendente in questo caso varia in base al reddito. Sono previste tre fasce di retribuzione distinte. Per il lavoratore domestico che lavora per almeno 25 ore alla settimana, il contributo orario non varia a seconda della retribuzione. In effetti, è così per tutte le ore di lavoro.
Le colf e badanti che prestano servizio per meno di 24 ore a settimana seguono regole diverse. A tal proposito, è importante sottolineare che la retribuzione comprende non solo la paga oraria. Ma anche altre indennità come la tredicesima o l’indennità di vitto e alloggio, sempre calcolata su base oraria. Agli importi citati si aggiunge poi il contributo aggiuntivo di finanziamento dell’Aspi dell’1,40%, che è interamente a carico del datore di lavoro e si applica solo ai contratti a tempo determinato.
È inoltre importante tenere presente che anche il lavoro domestico è soggetto alla decontribuzione al 50% prevista dalla legge n. 234 del 2021, che si applica per un massimo di 12 mesi alle lavoratrici madri che sono tornate al lavoro dopo aver terminato il congedo obbligatorio di maternità entro il 31 dicembre 2022.
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